Dapò

In questa casa abbandonata e ormai quasi distrutta che si trova nel quartiere La Costa, sembra non ci abbia mai vissuto nessuno, eppure ricordo che solo fino a 30 anni fa ci viveva un signore anziano che tutti chiamavano Dapò. Il nome gli derivava dal fatto che da piccolo quando voleva dire "vengo dopo" diceva "veng dapo'". Quando è morto non credo abbia lasciato eredi e se ci sono, forse sono in America o chissà in quale angolo della terra. Ogni volta che ci passo davanti penso a quell'omino e mi chiedo se all'interno la casa è rimasta intatta, con i mobili e i pochi stracci che aveva. Lui era un uomo molto magro e silenzioso,  non molto alto e amava lavorare il legno. Spesso ci regalava cucchiai di legno intarsiato e poi colorato. Ho un buon ricordo di quel cucchiaio di legno che li regalò a mia madre, la quale lo aveva appeso al muro in cucina, anche se qualche volta, quando non avevo voglia di studiare, lo prendeva minacciandomi di darmelo in testa se non prendevo il libro di matematica.

Una mattina d'estate 2010, chiacchierando con uno degli americani che, attratti dalla terra natìa, tornano al paesino per l'estate, come faccio anch'io, scopro che sto parlando proprio con il figlio di Dapò.
Si chiama Giovanni Ialenti e vive a Toronto - Québec - Canada dove vivono tanti Montelonghesi scappati dall'Italia all'inizio del secolo scorso per cercar fortuna. Proprio non credo alle mie orecchie. Gli chiedo se ha le chiavi della vecchia casa dove abitava suo padre e lui mi risponde affermantivamente. Gli chiedo se può aprirla perché desidero vedere com'è all'interno.
Detto! Fatto!

 

Appena entriamo ci si presenta uno scenario di una stanzetta di circa 10 mt quadrati, con miseri mobili, se così si possono chiamare, in stato di abbandono, gli stessi che c'erano quando suo padre morì.
Gli chiedo se accetta di aiutarmi a mettere un po' in ordine. Lui stupito, accetta.
Dalle 11.00 alle 12.20 risistemiamo le cose alla bene o meglio.
Degli oggetti in giro posso fare il seguente elenco.

  • Una serie di vecchi dischi di canti religiosi dedicati ai santi, tra cui Sant'Antonio e San Rocco venerati in paese.
  • Dei calendari di Frate Indovino,
  • tante tazzine e bicchieri,
  • una cassa con dentro una coperta di lana e un lenzuolo ricamato a mano,
  • due paia di scarpe di Dapò,
  • alcune vecchie fotografie che ho consegnato a Michele Blanco, un ragazzo che vive ancora in paese e come hobby colleziona vecchie foto che poi inserisce come slide show nel suo sito, e son certa che, per tutti  è emozionante guardarle. CONGRATULAZIONI MKé!
  • un tavolino di circa un metro quadrato,
  • un buffet,
  • una scatolina dove Dapò teneva le cartine e il tabacco per farsi le sigarette, credo fosse l'unico lusso che potesse permettersi.
  • un letto matrimoniale,
  • un lavandino di pietra
  • un camino completamente distrutto.

 

 

 

Vi sembrerà strano, ma il bagno non c'è... questa unica stanza una volta serviva da cucina, camera da letto, salotto, soggiorno, lounge etc..
Mentre sistemiamo la stanza Rocco mi racconta di come si viveva in 4 in quella stanza.
Sì, perché a quei tempi la miseria era grande.
A quel tavolinetto si sedevano lui, il papà Dapò, la mamma e la sorella per pranzare, quando c'era cibo da mangiare.
La notte lui dormiva su una madia (mobile in legno dove si faceva e si conservava il pane), sua madre e suo padre nel letto e sua sorella si arrangiava a terra.
D'inverno accendevano il fuoco nel camino, ma dal camino usciva tanto fumo che non riuscivano a vedersi l'un l'altro e per poter respirare dovevano tenere la testa molto in basso. Inoltre, vicino al camino ognuno aveva il suo posto a sedere.
Badate bene che questa non è una storia isolata... tante famiglie al paese vivevano nella disperazione più completa e questo spiega il motivo per cui oggi a Montreal ci sono un migliaio di abitanti arrivati dal mio caro paesino, e tanti altri si trovano in Argentina, California, Francia, Germania e chi sa in quanti altri angoli del mondo. Al paese oggi abitano a mala pena 400 persone...