Oggi 20 Settembre 2009, mentre facevo la mia lezione di inglese nella classe 1° è entrato il bidello e mi ha detto che da lì a poco avrebbe suonato la campanella per dare inizio al minuto di silenzio. Chiedo ai ragazzi se sanno perchè ci sarà il minuto di silenzio e qualcuno risponde che il motivo è la morte dei soldati italiani in Afghanistan. Chiedo dove si trova l'Afghanistan. Qualcuno dice che si trova in Africa, qualcuno dice in America... Suona la campana, inizia il silenzio.

D. è girato di spalle perché sta lavorando con un gruppo di compagni. Mi accorgo che sta ridendo, quindi mi avvicino in silenzio. Vedo che sta facendo dei plloncini con la gomma da masticare. Quando mi vede comincia a ridere. Altri compagni cominciano a ridere. Io mantengo un atteggiamento serio. Finisce il minuto di silenzio. Chiedo al ragazzo: "perché ti sei comportato così? era stato detto di mantenere un minuto di silenzio e tu ti sei comportato da stupido". Lui risponde che era stato detto di stare in silenzio e lui ha obbedito. Chiedo ai ragazzi: "D. ha ragione o torto?" Nessuno risponde. Io spiego che era stato detto di non parlare e D. non ha parlato, ma ha riso e fatto i palloncini con la gomma da masticare. Poi chiedo loro se era stato detto di non fare i palloncini e di non ridere. In effetti, questo non era stato detto, quindi D. non ha disobbedito.
Dopo aver riflettuto su quello che è successo dico ai ragazzi che io ritengo RIDICOLO chiedere agli alunni di una scuola media di osservare un minuto di silenzio, se prima non si fa capire ai ragazzi, non si fa SENTIRE ai ragazzi cosa significa vivere in un paese dove c'è la guerra, cosa significa cadere con la faccia nel fango, quando si viene colpiti da un proiettile e non essere in grado di rialzarsi e non avere nessuno che ti faccia una carezza per darti sollievo. Ho parlato loro del papà di uno dei soldati morti che, prima che uccidessero il figlio, aveva avuto la sensazione che suo figlio stava morendo e ho chiesto loro come si sente un padre o una madre alla notizia che suo figlio è morto. Più tardi, durante la ricreazione un ragazzo di 2° mi ha detto che quando chiedono il minuto di silenzio, lui non riesce a non ridere perchè magari pensa che all'improvviso arriva qualcuno sotto la scuola arrabbiatissimo con qualcun altro e comincia a bestemmiare... Io credo che sia meglio fare NON un minuto di silenzio ma un'ora di discussione con i ragazzi per far SENTIRE come si sono sentiti i soldati prima di morire e come si sentono i loro familiari...
Questo evento mi ha fatto venire in mente l'attività che ho svolto in una seconda media durante il mio primo anno di insegnamento
All'inizio dell'anno ci era stato detto di toccare nelle terze alcuni argomenti da far portare all'esame, tra cui la GUERRA.
Allora, ho deciso di svolgere una lezione su questo argomento:
ho fatto sedere i ragazzi in cerchio e ho chiesto loro se avevano un nonno o se conoscevano qualcuno che aveva vissuto durante la guerra. Un ragazzo ha raccontato che suo nonno gli diceva sempre che durante la guerra faceva il messo, portava i messaggi da un campo all'altro. Non usavano radio o telefono per timore che venissero intercettati dal nemico. Un giorno mentre con un compagno si stava spostando in un altro campo, una bomba è caduta proprio vicino a loro e ha ucciso il commilitone e ne ha dilaniato il corpo. Il nonno ha cominciato a cercare... Mentre il mio alunno raccontava la sua storia, un compagno scherzando lo iha interrotto dicendo:"ah! ah! cercava i pezzi del corpo..."
So bene che i ragazzi tendono a scherzare su queste atrocità, a quest'età i ragazzi son fatti così, ma riflettendo anche su dei fatti di cronaca (a Milano, qualche giorno prima, dei ragazzi assistendo alla caduta di una donna da un balcone che andò ad infilzarsi nell'inferriata del recinto di casa, non solo non si spaventarono, ma filmarono la scena col telefonino), ho pensato di fare una lezione un po' "tosta" per farli spaventare.
Prima di svolgere la lezione ho chiesto un appuntamento alla D.S. che è una psicologa, le ho parlato nei particolari di come avrei svolto la lezione e le ho chiesto il permesso di svolgere l'attività così come l'ho programmata. Non solo la D.S. mi ha dato il consenso, ma mi ha anche detto che i ragazzi di oggi hanno bisogno di essere scossi in questo modo. Tranquilla del consenso della D.S. ho deciso di svolgere la mia lezione sulla guerra.
Ho portato in classe delle foto di Pavia prese subito dopo il bombardamento. Sono delle foto dall'alto con la vista del Ponte Coperto distrutto, e altre in cui si vedono i tetti delle case sventrati e persone che stanno cercando tra le macerie. Ho chiesto ai ragazzi di parlare dei rumori che le persone nelle foto possano sentire (gemiti di persone seppellite sotto le macerie, il rumore degli aerei, il rumore dei passi o delle macerie sotto i piedi ...) e di cercare di dare voce ai pensieri delle persone che sono nelle foto. Ho diviso i ragazzi in gruppi e ho messo come sottofondo la musica della colonna sonora del film "Troy" che rimanda a rumori di battaglie. Mentre i ragazzi sono concentrati sulle foto e a formare delle frasi in inglese, di nascosto dagli alunni ho preso dei coperchi di pentole da una borsa e li ho lanciati a terra con violenza. Alcune ragazze si sono spaventate ed io ho chiesto: "come mai vi siete spaventate?" loro mi hanno guardata in modo strano... "non ve lo aspettavate! vero? Ho creato dei danni lanciando i coperchi? pensate invece al rumore che può provocare una bomba! guardate i tetti delle case che fine hanno fatto. Che rumore e che onda d'urto ci sono stati durante il bombardamento?"
Il mio obiettivo di far SENTIRE la guerra è stato raggiunto ma....
il giorno seguente è venuta a cercarmi una mamma "molto attenta a sua figlia" come mi ha detto una collega. Questa mamma mi ha rimproverata perché ho fatto spaventare la sua bambina e se ne è andata dicendomi che in classe dovrei pensare a far lezione di inglese e non questo genere di cose.
Alla fine dell'anno scolastico, durante un collegio docenti, una collega, riferendosi  alla lezione sulla guerra che ho svolto nella mia 2°, ha detto che c'era stato un episodio infelice durante l'anno scolastico causato da una nuova insegnante (cioè io). Lei consigliava di controllare l'operato delle persone nuove che arrivano nella loro scuola, perchè la loro scuola ha una reputazione da mantenere e queste attività vanno svolte previo consenso del Consiglio di Istituto.
Insegno nella scuola pubblica da 9 anni e da 15 seguo seminari e convegni di ogni genere, leggo libri a non finire (tutto a mie spese) per migliorare il mio metodo di insegnamento e tutti dicono che bisogna motivare i ragazzi e rendere le lezioni VIVE. Io cerco sempre di fare il mio meglio, ma molto spesso sento dire "questa è la nostra scuola, ti devi adeguare a quello che facciamo noi! Abbiamo impiegato 20 anni per dare una reputazione alla nostra scuola e tu non puoi rovinare tutto con le tue stravaganze!!!
Sono precaria, cambio scuola tutti gli anni, questo vuol dire che non ho il diritto di insegnare? Io so insegnare solo in questo modo e non riesco a lavorare diversamente... ho provato a seguire solo il libro, ma perdo l'entusiasmo e quando si perde l'entusiasmo non si riesce a gestire gli alunni. I ragazzi di oggi non sono come quelli nelle scuole di Mussolini, riescono a capire subito com'è l'insegnante che si trovano davanti e trovano facilmente il punto debole per poterli attaccare e ridere di loro quando crollano. Grazie allo yoga e alla biodanza sono riuscita a diventare più sicura ed a evitare di cadere nel Burnout. Mi è spesso accaduto che quando crollavo, la collega che mi criticava diventava molto gentile e loquace con me, contrariamente a come si atteggiavano quando ero serena in classe.
Il mestiere dell'insegnante è molto difficile, ma sarebbe molto più semplice se ci fosse sì condivisione, ma discutendo prima di come si vede l'insegnamento e non dettando regole alle "nuove venute"!