Nculin 'u scuntient

Nculin, era mio nonno, il papà di mia mamma, marito di Maliettona. Lo ricordo con dei pantaloni vecchi, pieni di toppe e in mano una "patorcia": un bastoncino di legno che lui usava per piantare la vigna. Passava molto tempo in campagna. Lì si recava la mattina per tornare a casa solo la sera molto tardi.

In primavera portava a casa un fascio di piselli o fagioli secchi. Poi stendeva al sole davanti casa un sacco di juta e ci spargeva i ceci o i piselli secchi. Di tanto in tanto, li girava con un bastone, oppure chiedeva a noi bambini di camminarci sopra strisciando i piedi, così da farli girare per essiccare meglio. Quando erano ben essiccati, li batteva (le piante secche si battevano con un bastone per separare il seme dal guscio) in seguito si passavano al setaccio per recuperare i cereali e buttare via la paglia, alla fine si mettevano in un sacco per conservarli per l'inverno.
Mia madre mi racconta spesso che Tat, così chiamavo mio nonno, aveva un asino, questo animale era molto importante in famiglia perché veniva usato sia come mezzo di trasporto, sia per tirare l'aratro (un asse di ferro appuntito che veniva legato dietro all'animale tramite un giogo) quando errivava il tempo di arare la terra. Tat aveva dato anche un nome al suo asino: lo chiamava Ciccio. Un giorno Ciccio cadde nel pozzo e lì morì. Per Tat è stata una tragedia, perchè in quell'incidente era morto non solo il suo aiutante, ma anche quello che per lui era un "amico". Mio nonno pianse una giornata intera. Nonostante fosse una bestia, la gente del paese veniva a casa a fare le condoglianze a mio nonno. Ad un certo punto, un signore che era venuto a dimostrare il proprio dispiacere a Tat, gli chiese: "Neculì, com se chiamav 'u ciucc?" e lui rispose "Ciccio!". Forse a causa del suono della domanda e della risposta: Ciucc-Ciccio, o forse perché mammaletta (così chiamavo mia nonna) riteneva esagerato che mio nonno piangesse tanto per un animale, mia nonna scoppiò in una risata irrefrenabile...